Tesi

PROTOTIPIZZAZZIONE INTEGRATA DI CONVERTITORI DI POTENZA

4.1 Descrizione del problema

Nei convertitori di potenza, nei quali vengono utilizzati circuiti a ponte “half-bridge” o “full-bridge”, in ogni gamba (“leg”) del convertitore ci sono due commutatori che devono essere pilotati in modo che non siano mai in conduzione contemporanea (Figura 4.1 1).

 

 Schema di principio della gamba di un inverter

Figura 4.1 1: Schema di principio della gamba di un inverter.

 

Per questo motivo la commutazione tra due transistor della stessa gamba costituisce un fase critica. Se l’interruttore di un semiponte venisse commutato prima che quello della stessa gamba, ma sul semiponte opposto, si sia completamente spento, si verificherebbe una condizione di cortocircuito sul ramo detto “shoot through” o “filotto” nel ramo. Per evitare che si verifichi questa situazione distruttiva, è necessario che il segnale di innesco giunga in ritardo rispetto a quello di spegnimento. Il ritardo tra questi due segnali è detto dead-time o blanking-time ed è solitamente compreso tra 500ns e qualche µs. Quando un transistor che si trova in saturazione viene portato in interdizione, la corrente di collettore non può annullarsi istantaneamente. Prima che essa si annulli è necessario attendere un tempo dato dalla somma di due componenti. La prima componente è costituita dal tempo di accumulo (storage-time), durante il quale la corrente di collettore permane attorno al suo valore di regime. La seconda componente, è data dal tempo di discesa (fall-time) necessario affinché la corrente di collettore passi dal 90% al 10% del suo valore di regime. Per quanto detto si può affermare che il tempo di accumulo rappresenta l’intervallo necessario per passare dal valore di regime al 90% dello stesso valore e indica il ritardo che intercorre tra il comando di apertura e l’istante in cui l’apertura stessa ha inizio. Entrambi questi tempi sono parametri caratteristici dei componenti che dipendono, tra l’altro, anche della temperatura della giunzione, della corrente di base, della corrente di collettore che si ha in saturazione e dalle caratteristiche del circuito di pilotaggio.

4.2 Effetto del tempo morto

Per descrivere gli effetti che l’introduzione del tempo morto ha sulla tensione in uscita, facciamo riferimento, ancora una volta, ad una sola gamba dell’inverter (figura 4.2 1 ) e riteniamo che gli interruttori si comportino in modo ideale. Per semplificare ulteriormente l’analisi del fenomeno supponiamo di utilizzare un inverter monofase. La figura 4.2 2 mostra il confronto tra i segnali di pilotaggio ideali: a) e b) e i segnali di pilotaggio reali: c) e d) nei quali è presente il tempo morto. Durante il tempo morto, entrambi gli switch della stessa gamba restano aperti. Facendo riferimento alla figura 4.2 1 si ha che il segno della tensione Van, durante il tempo moto, dipende dal verso della corrente Ia. La figura 4.2 2 e) ed f) mostra l’andamento di Van mettendo in evidenza che, quando la corrente è positiva, si ha una perdita mentre quando essa è negativa si ottiene un guadagno.

 

Gamba di un inverter

Figura 4.2 1: Una gamba dell’inverter

 

Valutando la differenza tra la tensione di uscita ideale e quella reale si ottiene:

Formula 4-2-1(4.2 1)

facendo la media di questa tensione su un periodo della frequenza di commutazione, si ottiene la variazione di tensione conseguente alla presenza del tempo morto Tdt:

Formula 4-2-2(4.2 2)

Si nota che il modulo della variazione di tensione è indipendente dal valore della corrente ia che interviene solo nella determinazione del segno. è proporzionale al tempo morto e alla frequenza di commutazioneFrequenzaquindi, con il crescere della velocità di commutazione, è necessario, non solo scegliere valvole che commutino più velocemente, ma anche valori più piccoli per il tempo morto.

 

Segnali di pilotaggio inverter

Figura 4.2 2: a) e b) Segnale di pilotaggio nel caso ideale; c) e d) segnali di pilotaggio con tempo morto; e) e f) Tensione di uscita VAN nel caso in cui ia > 0 e ia < 0.

 

Applicando la stessa analisi realizzata per la prima gamba, anche alla seconda di un inverter monofase e, tenendo presente la relazione ia = - ib, si ha:

Formula 4-2-3(4.2 3)

 

Dato che Vo = VAN – VBN e io = ia (fig.4.2 3):

 

Formula 4-2-4(4.2 4)

 

Che esprime il valore medio della differenza di tensione calcolato sul tempo Ts. I risultati di questa analisi, condotta per il caso monofase, può essere esteso anche al caso trifase.

 

 

schema di un inverter monofase

Figura 4.2 3: Schema di un inverter monofase

 

La presenza del tempo morto si manifesta negativamente con un fenomeno di non-linearità nella caratteristica di trasferimento del convertitore. Questo è uno dei motivi che spingono a scegliere, come valore per il tempo morto, il valore più piccolo possibile. Ottimizzando i circuiti di pilotaggio è possibile minimizzare i tempi di ritardo che caratterizzano le fasi di turn-on e turn-off del dispositivi a semiconduttore. Questa miglioria si riflette positivamente sulla scelta del tempo morto che può essere conseguentemente ridotto.

 

 

distorsione causata dal tempo morto

Figura 4.2 4: Esempio di distorsione dovuto alla presenza del tempo morto.

 

 

4.3 Soluzione circuitale per il dead time

Una possibile soluzione che può essere utilizzata per realizzare il dead-time è quella di figura 4.3 1. Questa tecnica ha il vantaggio di utilizzare una sola linea di controllo per entrambi i commutatori dei due semiponti. Lo scopo di questo circuito è quello di utilizzare un rete RC per introdurre un ritardo sul segnale di accessione. Per quanto riguarda i segnali che, passando da un livello logico alto ad uno basso, mandano i transistor in interdizione, si desidera che essi non vengano ritardati. Per realizzare un circuito di ritardo di questo tipo, è possibile utilizzare componenti come l’integrato “HCF40106B”. Questo è un dispositivo monolitico dotato di sei inverter a trigger di shmitt la cui peculiarità è quella di non richiedere limiti sui tempi di salita dei segnali in ingresso e di non aver bisogno di nessun componente esterno che funga da interfaccia per il suo funzionamento. Questo componente, quando viene alimentato con una tensione di 5V, presenta una tensione di isteresi di 0.9V.

 

soluzione circuitale - dead time

Figura 4.3 1: Soluzione circuitale per realizzare il tempo morto.

 

Tornando all’analisi del circuito di figura 4.3 1, dato l’elevato valore della resistenza R3, suppongo che il ramo che la contiene sia assimilabile ad un circuito aperto. Quando la tensione in ingresso ha un livello logico alto, dato che il diodo D1 è polarizzato inversamente, il condensatore C1 può caricarsi attraverso la resistenza R1, quindi, il processo di carica sarà governato dalla costante di tempo R1C1. Il diodo D2, essendo polarizzato direttamente, è un cortocircuito che connette il condensatore C2 tra la massa e la tensione d’ingresso. Si può ritenere che il condensatore C2 si carichi istantaneamente (vedi figura 4.3 2).

soluzione circuitale - dead time

Figura 4.3 2: A fronte di un segnale di ingresso alto, D1 e contropolarizzato mentre D2 è polarizzato direttamente.

 

Per le osservazioni fatte, e nell’ipotesi che C1 fosse scarico, prima che Vin assuma un livello logico positivo il potenziale del punto 1 era nullo e tenderà ad aumentare seguendo la legge, nota, della carica di un condensatore posto in una rete RC serie. Possiamo affermare che:

 

Formula 4-3-1( 4.3 1)

 

V2 assumerà istantaneamente il livello logico alto in ingresso e l’uscita Vout negato, dato che il tempo di propagazione delle porte logiche è trascurabile, raggiungerà il livello logico basso altrettanto rapidamente. La variazione dell’uscita Vout non sarà simultanea a quella di Vout negatodato che, affinché essa vari, è necessario che venga raggiunto il livello logico alto in salita Vih che, per il trigger di schmitt utilizzato, vale 2.9V. Vout cambia stato quando:

 

Formula 4-3-2(4.3 2)

da cui si ricava l’espressione del tempo morto: 

Formula 4-3-3(4.3 3)

 

Tralascio l’analisi del circuito durante la commutazione dell’ingresso dal livello logico alto a quello basso data l’evidente simmetria con l’analisi precedente. In questo caso si ottiene una differente espressione del tempo morto che vale:

 

 

Formula 4-3-4(4.3 4)

 

Vil rappresenta la soglia negativa del triggher in discesa e vale, per il componente in questione, 1.9V. La differenza tra i valori ottenuti con le due differenti espressioni di tdt è insignificante, essendo dello stesso ordine di grandezza del tempo di ritardo di propagazione delle porte (140ns) logiche che è già stato trascurato. L’andamento dei segnali in gioco viene sintetizzato dalla figura 4.3 3. La curva blu rappresenta il segnale in ingresso al circuito di fig. 4.3 1. Quando questo segnale diventa alto, inizia il processo di carica del condensatore C1 rappresentato dalla curva celeste. L’uscita Vout diventa alta quando la curva celeste supera i 2,9V di soglia. Si può osservare che la tensione su C2, rappresentata dalla curva verde, diventa istantaneamente maggiore della soglia positiva per il triggher e Vout negato diventa subito basso. Il fenomeno si ripete in modo analogo quando la tensione di ingresso diventa bassa.

 


curve caratteristiche

Figura 4.3 3: La curva blu rappresenta Vin; quella verde la tensione ai capi di C1 mentre quella celeste rappresenta la tensione ai capi di C2.

 

 

Sebbene i motori ad induzione siano le macchine elettriche dalle caratteristiche costruttive che meglio si adattano all’impiego nel settore industriale, il loro utilizzo,  sino a pochi anni fa,  era limitato a poche applicazioni.

A differenza delle macchine a corrente continua, che facevano da padrone nel settore degli azionamenti elettrici, in quelle ad induzione il controllo presentava una maggiore complessità. Questo inconveniente, associato alla difficoltà che si aveva nell’ottenere tensioni di alimentazione ad ampiezza e frequenza variabile, ha limitato la diffusione di queste macchine.

Trovate le soluzioni tecniche necessarie a risolvere questi problemi, attualmente, i motori asincroni, sono le macchine più utilizzate in ambito industriale.

Un altro fenomeno, che sta coinvolgendo il settore produttivo, riguarda l’impiego sempre più massiccio delle tecnologie embedded.

I vantaggi legati a questa rivoluzione sono numerosi, tuttavia, i principali, sono attribuibili all’incremento di flessibilità del sistema produttivo e alla possibilità di realizzare, con maggior semplicità, sistemi interconnessi semplificando ad esempio, la realizzazione di impianti di supervisione.

In seguito a queste constatazioni, si è posto l’obiettivo di realizzare un convertitore di potenza che seguisse queste tendenze di mercato confermate, tra l’altro, anche dagli studi di settore condotti da Venture Development Corporation.

Il dispositivo realizzato è destinato all'impiego in applicazioni low-cost pertanto si è deciso di implementare un controllo di tipo Volt su Hertz. Questa scelta è stata dettata dal fatto che le tecniche più evolute, come quella del controllo vettoriale, sono destinate ad impieghi in differenti fasce di mercato.

Il primo problema incontrato, è stato quello di realizzare un controllo sul valore efficace della tensione da applicare al motore. Questo tipo di controllo, è necessario per realizzare la regolazione in frequenza a flusso costante.

Solitamente le soluzioni che vengono adottate prevedono l’impiego di un raddrizzatore controllato o il pilotaggio dell’inverter mediante segnali PWM con modulazione della portante. Tuttavia, dato che entrambe queste soluzioni erano in contrasto con l’obiettivo di ridurre al minimo i costi, si è deciso di variare, il valore efficace della tensione, mediante una particolare tecnica di parzializzazione dei segnali di pilotaggio.

Questa soluzione ha consentito l’utilizzo di un semplice ponte a diodi in luogo di un ponte controllato, e una riduzione della complessità dell’hardware di controllo.

Oltre alla citata tecnica di parzializzazione, la caratteristica innovativa di questo progetto è data dalla notevole riduzione dei costi ottenuta grazie all’impiego di un piccolo microcontrollore da 8bit dotato di soli 2kbytes di memoria EPROM.

L’uso di un simile microcontrollore permette di realizzare un notevole risparmio, non solo per il minor costo del componente in se, ma soprattutto, per la riduzione del time-to-market e in virtù del fatto che le imprese, solitamente, dispongono di un maggiore Know-How  nella realizzazione di tecnologie embedded di questa tipologia.

L’impiego di un controllore ad 8bit non è banale dato che le normali potenzialità di calcolo di un dispositivo di questo tipo si sono dimostrate inadeguate alle nostre esigenze.

Questo inconveniente è stato risolto utilizzando un micro della STMicroelectronics in grado di gestire sia algoritmi in logica tradizionale, sia algoritmi in logica fuzzy.

Grazie al ricorso alla logica fuzzy è stato possibile implementare un controllo notevolmente complesso nonostante le risorse hardware fossero notevolmente limitate. Per comprendere l’importanza di questa soluzione, basta pensare al fatto che, la codifica di una Membership Function triangolare, richiede solo 3 bytes di memoria. A fronte di questa richiesta irrisoria  di EPROM è possibile realizzare un controllo complesso, la cui implementazione mediante la logica tradizionale richiederebbe la risoluzione di equazioni nelle quali compaiono operazioni, che seppur semplici come le moltiplicazioni, richiedono l’impiego di complesse routine di calcolo solitamente non disponibili nei micro ad 8bit.

Il progetto è stato realizzato con la logica dei dispositivi embedded in modo che  tutta la componentistica utilizzata coesistesse su un’unica scheda.

Diversi sono i dispositivi di protezione implementati. Per quanto riguarda le sovracorrenti, non solo sono stati inseriti dei fusibili sulle linee di alimentazione, ma è stato realizzato anche un sistema di rilevamento elettronico che consente di bloccare tempestivamente il pilotaggio degli IGBT in occorrenza di un sovraccarico o di uno shoot-through.

 

Breadboar

 

Figura 1: Prototipo realizzato per testare la logica di controllo.

 

È presente anche un sistema di rilevamento di undervoltage per la tensione di alimentazione del microcontrollore che consente di resettare il componente nel caso in cui la tensione continua di alimentazione sia insufficiente a garantirne un corretto funzionamento. Il pilotaggio viene inibito anche quando la tensione ai gate degli IGBT non è sufficientemente elevata, qualora dal micro provengano dei segnali di controllo corrispondenti ad una configurazione pericolosa per l’inverter e qualora i pin di pilotaggio del driver risultassero fluttuanti.

Per proteggere l’elettronica di controllo sono stati utilizzati degli optoisolatori e le masse dei componenti funzionanti a 5V e 15V sono galvanicamente isolate.

Al fine di limitare lo stress che subisce il sistema, le brusche variazioni del segnale di riferimento per la velocità non vengono applicate istantaneamente, ma filtrate attraverso un limitatore di rampa realizzato via software. Le simulazioni hanno mostrato che la mancanza del limitatore di rampa determinerebbe sovratensioni intollerabili sul bus in continua durante i fenomeni di rigenerazione.

Un altro fenomeno rilevato grazie al supporto delle simulazioni è rappresentato dalla presenza di pericolosi spike di tensione ai capi degli IGBT durante le commutazioni. La presenza di questi spike, causati da fenomeni di natura induttiva, hanno reso necessario il dimensionamento di circuiti di snubber che addolcissero il turn-off dei componenti.

Oltre ai due convertitori, AC/DC e DC/AC, posti in cascata per realizzare il controllo in frequenza, è stato dimensionato un filtro sull’alimentazione (inserito tra i due convertitori)  e un circuito in grado di implementare la presenza del tempo morto durante le commutazioni degli IGBT.

Embedded vuol dire immerso, contenuto, interno e va inteso come tutt'uno tra software e hardware, inscindibile e fortemente personalizzato.

Il termine "sistema embedded"  è solitamente utilizzato per identificare i sistemi elettronici a microprocessore che vengono progettati appositamente per una determinata applicazione, spesso con una piattaforma hardware ad hoc. In quest’area si collocano sistemi di svariate tipologie e dimensioni che differiscono anche notevolmente gli uni dagli altri per i diversi tipi di:  microprocessore, sistemi operativi e complessità del software che può variare da poche centinaia di bytes a parecchi megabytes di codice. 

Questi sistemi possono operare in autonomia, oppure possono essere connessi ad altri computer convenzionali, dove risiedono tipicamente le funzioni di monitoraggio e controllo.

Questi dispositivi vengono realizzati in modo da resistere al funzionamento in ambienti ostili, tipici del settore industriale.

La maggiore resistenza non è l’unico requisito richiesto ad un sistema embedded che deve essere, tra l’altro, caratterizzato anche da una maggiore affidabilità rispetto ad altri sistemi a microprocessore per ridurre, al limite del possibile, i guasti ed il blocco del sistema.

Queste richieste sono comprensibili se si immagina che un malfunzionamento può compromettere importanti processi industriali o  mancati interventi dei mezzi di sicurezza mettendo a rischio la vita stessa delle persone. A titolo di esempio, basti pensare alla elevata affidabilità che è richiesta in sistemi per il controllo di un bisturi robotizzato o al sistema di controllo basato sul bus CAN di una automobile.

I prerequisiti di affidabilità e di robustezza di cui si sta parlando non vanno intesi solo in termini hardware ma anche il software deve fornire determinate garanzie. Per questo non vengono utilizzate in queste applicazioni gli stessi sistemi operativi di uso comune, ma versioni appositamente modificate per il mondo embedded.  Una caratteristica dei sistemi operativi embedded è la stratificazione. Ovvero, questi sistemi, hanno una modularità tale da poter creare una versione degli stessi delle dimensioni minime necessarie a garantire le caratteristiche strettamente richieste per la gestione dell’applicazione senza essere appesantiti da funzioni che non sono necessarie. Questa caratteristica è indispensabile perché consente di risparmiare memoria. Le risorse di memoria sono estremamente importanti se si pensa al fatto che le grandi memorie di massa come i dischi fissi [1] sono poco affidabili e generalmente vengono sostituite, dalle più costose, memorie flash.

Un sistema embedded non è necessariamente real-time[2] in quanto non sempre è necessaria una risposta immediata ad un cambiamento di stato di una periferica.

Essi sono self-starting in quanto non necessitano dell’intervento dell’uomo per funzionare e l’utente non è in grado di capire se il controllo avviene da un microprocessore o da un hardware dedicato. Un microprocessore embedded generalmente è dotato di queste caratteristiche:

 

  • RAM

  • Memoria non volatile: EPROM (Erasable programmable read-only memory), ROM

  • Linee di I/O

 

Solitamente i programmi sono contenuti in EPROM di piccole dimensioni. Questo è possibile perché i task che deve gestire un dispositivo di questo tipo sono notevolmente inferiori a quelli gestiti da un normale personal computer al quale si chiede di eseguire operazioni più complesse dal punto di vista delle risorse, come può essere anche il semplice passaggio da un foglio di calcolo ad un word processor. Fondamentalmente si possono sintetizzare due motivi fondamentali che spingono all’uso di un microprocessore embedded:

 

 

1) Il costo di sviluppo del firmware di un sistema embedded è molto alto, tuttavia questo è un costo di tipo nonrecurring expense (NRE). I costi di sviluppo ricorrono solo una volta e questo rende possibile un costo del prodotto finito molto basso se paragonato con analoghi progetti realizzati con hardware dedicati.

 

2) Offre notevole flessibilità. In un progetto di tipo hardware-based si richiede di ridisegnare il sistema nel caso in cui vengano richiesti dei cambiamenti utili ad esempio a differenziare la produzione. In un sistema basato su microcontrollore le stesse modifiche si possono ottenere modificando poche righe di codice.

 

 

Tipiche applicazioni dei sistemi a microprocessore

Figura 1: Tipiche applicazioni dei sistemi a microprocessore

 

Nel 2003 una indagine sostenuta e condotta da IBM, ha dimostrato che lo sviluppo di sistemi embedded ha meno successo di quello dei sistemi elettronici in genere. Questa indagine ha mostrato, infatti, che più del 50% di questi progetti terminano ben oltre i tempi stimati, il 44% giunge alla fine dello sviluppo con il 20% di probabilità di sopravvivere commercialmente sul mercato ed il 25% dei progetti vengono abbandonati prima di finirne lo sviluppo. (Simili sono le stime di Venture Develpment Corporation)

Queste difficoltà sono dovute al fatto che il software che sta a bordo di un sistema è diventato molto pervasivo e strategico nel decidere il successo o l’insuccesso dei prodotti elettronici.

La conseguenza di questa situazione è che i costruttori sono costretti a lottare con un miscuglio di architetture sul silicio, middleware, tool di sviluppo e sistemi operativi.

Per questo occorre un nuovo mercato che segni l’inizio di una rivoluzione tecnologica probabilmente incentrata sulla Device Software Optimzation (DSO) che consenta di risolvere le attuali difficoltà progettuali.

Con molta probabilità, il calibro da utilizzare per misurare la competitività che avranno i prodotti di nuova generazione è dato dalla qualità dei pacchetti software supplementari di supporto alla progettazione.

I componenti ideali per realizzare sistemi embedded a basso costo sono i microcontrollori. Un microcontrollore può essere definito come un singolo chip self-contained computer che incorpora tutti i componenti fondamentali di un personal computer su scala molto più piccola.

In altre parole, mentre un microprocessore è un singolo chip (CPU) usato nei computer, i microcontrollori sono essi stessi computer in un singolo chip.

Il prezzo da pagare, per usufruire delle drastiche riduzioni di costo che si ottengono con questi dispositivi, è dato dalle ridotte risorse a disposizione.

Dal punto di vista fisico il microcontrollore appare come un circuito integrato con pin lungo i propri lati (vedi figura).

 

 Sistema EmbeddedSistema Embedded

 Figura 2: Esempi di alcuni microcontrollori

I pin presenti sul microcontrollore vengono utilizzati per fornire alimentazione elettrica, segnale di clock, segnali di interrupt request, reset e I/O. La differenza con i pin di un microprocessore è di tipo funzionale dato che, in questo caso, vengono utilizzati principalmente per interfacciare i bus dei segnali piuttosto che dispositivi di I/O.

 

 


[1] Questo componente è statisticamente una delle principali cause di guasto.

[2] Sistema real-time: Sistema in cui il corretto funzionamento non dipende soltanto dalla esattezza logica del  risultato ma anche dal momento nel quale il risultato stesso viene prodotto. Una distinzione più sottile é quella tra ‘hard’ real-time e ‘soft’ real-time. In linea di massima i sistemi ‘hard’ richiedono un rispetto rigido dei vincoli di precisione temporale, in quanto mancare una scadenza significherebbe invalidare il funzionamento dell’intero sistema; quelli ‘soft’ si limitano ad un rispetto statistico dei vincoli che, se forzati, portano ad una degradazione dell’applicazione che può però essere tollerata in funzione del suo costo per l’utilizzatore

8.1     Introduzione

L’applicazione realizzata in questa tesi prevede di implementare un controllo di velocità utilizzando tecnica del Volt su Hertz (V/Hz).

A causa delle stringenti dotazioni hardware, il metodo in questione non è stato implementato con il metodo classico, ma con una particolare tecnica di parzializzazione che permette di regolare il valore efficace della tensione sul carico mediante parzializzazione dei segnali di pilotaggio inviati ai gate degli IGBT.

8.2     Il controllo V/Hz

In figura 1 è mostrata la caratteristica statica di un motore ad induzione. Tavv è la coppia offerta all’avviamento, mentre  Tmax è la coppia massima.

Si distinguono due tratti che corrispondono a condizioni di funzionamento stabili ed instabili. Una prerogativa fondamentale è quella di posizionarsi in un punto, individuato dall’equilibrio con la coppia di carico, che si trovi sul tratto stabile della caratteristica.

Il tratto stabile della caratteristica ha una pendenza elevata. Questo è un vantaggio per il controllo di velocità dato che il motore asincrono funzionerà ad una velocitàwm molto prossima a quella di sincronismo.

In corrispondenza della velocità di sincronismo la coppia offerta dal motore è nulla.

 

Caratteristica statica coppia velocità

Figura 1: Caratteristi statica coppia-velocità.

 

Si definisce scorrimento del motore (s):

 

  Scorrimento (1)
dove: frequenza di sincronismo (2)

 

Lo scorrimento vale qualche unità percentuale e rappresenta la velocità di scorrimento dell’avvolgimento di indotto rispetto al campo magnetico rotante. Esso è nullo al sincronismo ed unitario all’avviamento.

La figura, riferendosi al solo tratto stabile della caratteristica linearizzata, mostra come la caratteristica coppia-velocità venga traslata parallelamente a se stessa al variare della frequenza e come sia possibile variare la velocità sincrona di un motore ad induzione effettuando una regolazione sulla frequenza delle grandezze di alimentazione.

Il punto di funzionamento a cui si porta il motore è rappresentato dall’intersezione tra la coppia elettromagnetica e quella  di carico. È evidente come, variando la frequenza, tale punto di funzionamento si sposterà consentendo di realizzare una regolazione di velocità.

Mentre un motore sincrono si adegua alle variazioni della frequenza imposta, il motore ad induzione presenta una frequenza di scorrimento. Nei casi in cui si richiede una regolazione fine di velocità, come è richiesto nelle applicazioni dell’industria tessile, vengono utilizzati motori sincroni che si portano alla velocità di sincronismo indipendentemente dal valore della coppia di carico. Negli altri casi, quando si richiede un controllo più grossolano, come avviene nelle rettifiche di velocità o nella guida di particolari veicoli, vengono utilizzati i motori ad induzione.

 

Regolazione di velocità

 

Figura 2: Relazione tra la coppia e Fsl (slip) per diversi valori di frequenze.Il problema che si presenta realizzando un controllo in frequenza, è legato alla conseguente variazione di flusso che si manifesta a causa della relazione di proporzionalità che lega il flusso alla forza elettromotrice indotta negli avvolgimenti statorici:

 

  Flusso (3)

 

Supponiamo che il motore stia funzionando alle condizioni nominali. L’ultima relazione  mette in evidenza che, una riduzione della frequenza, determina un aumento del flusso.

L’aumento di flusso spinge il motore a funzionare in un punto della sua caratteristica di magnetizzazione caratterizzato da un maggiore livello di saturazione rispetto a quello che si aveva nelle condizioni di funzionamento nominale. Questo stato di funzionamento anomalo è causa di maggiori perdite e di elevate correnti di magnetizzazione.

Per risolvere questo inconveniente si dovrebbe realizzare una variazione di frequenza mantenendo il flusso costante.

La relazione 3 suggerisce che, un controllo a flusso costante, può essere realizzato variando, in modo proporzionale alla frequenza, anche la f.e.m.i. di statore (EMS).

Tuttavia questo approccio al problema non è conveniente dato che è difficile realizzare un controllo sul valore di EMS e si preferisce trascurare la caduta di tensione che si ha sugli avvolgimenti statorici  per porre:

 

  Tensione di statore (4)

 

Per questa considerazione si ha che, volendo diminuire la frequenza mantenendo il flusso costante, è necessario ridurre, in modo proporzionale, anche la tensione di alimentazione. Il limite di validità per questa approssimazione è legato alla caduta di tensione che si ha sulla resistenza degli avvolgimenti statorici. Infatti, mentre la caduta di tensione che si ha sull’induttanza di dispersione, variando in modo proporzionale alla frequenza () risulta sempre trascurabile rispetto a Ems , quella sulla resistenza resta sostanzialmente costante, e di peso sempre più rilevante, con il decrescere della frequenza.

La figura 3 mostra le conseguenze di questa approssimazione.  Si osserva che la caratteristica di Vs, che consente di realizzare il controllo a flusso costante, si discosta da quella  tratteggiata, ottenuta considerando valida l’approssimazione fatta anche per valori piccoli di frequenza. Affinché sia possibile realizzare una regolazione a flusso costante anche alle basse frequenze, è necessario considerare la presenza di un offset pari alla caduta di tensione sulla resistenza.

In modo analogo si ha che, durante una accelerazione, un aumento della frequenza imposto alle grandezze di statore, da luogo ad una riduzione del flusso. Questo fenomeno è inconveniente a causa dell’influenza negativa che ha sul valore della coppia elettromagnetica massima che il motore è in grado di produrre:

 

  Coppia massima (5)

 

Per quanto detto si deduce che è conveniente mantenere constante il flusso, ovvero il rapporto V/Hz da cui deriva il nome della tecnica di controllo, sia in fase di  accelerazione che in fase di decelerazione.

Il limite imposto, alla regolazione a  flusso costante, è dato dai problemi di isolamento. Infatti, raggiunta la tensione nominale, non è possibile aumentare ulteriormente il valore di Vs che deve essere necessariamente mantenuto costante. Un ulteriore aumento di frequenza, determina una riduzione di flusso che non può essere compensata dal proporzionale aumento della tensione di alimentazione.

Il motore continua ad accelerare ma il controllo viene realizzato a flusso indebolito e, di conseguenza, non avviene più a coppia costante.

In definitiva la caratteristica di regolazione tensione-frequenza assume l’andamento mostrato in figura 3.

 

Caratteristica della tensione di statore

Figura 3: Caratteristica della tensione di statore che consente di realizzare il controllo V/Hz

 


Generalmente si preferisce fissare un limite minimo per la frequenza imposta alle grandezze statoriche, sia per garantire che l’approssimazione espressa dalla 3 sia sufficientemente valida, sia perché non è conveniente realizzare un controllo V/Hz a velocità molto basse a causa dell’inefficiente effetto di raffreddamento che il motore realizza, mediante ventilazione, con il suo moto.

Caratteristica di controllo

Figura 4: Caratteristica di controllo

 

 

Nella pratica, per realizzare un controllo come quello appena descritto, è necessario utilizzare un convertitore di frequenza. Questo dispositivo, che funge da interfaccia tra la linea elettrica ed il motore, deve soddisfare i seguenti requisiti:

 

  • Capacità di variare la frequenza compatibilmente con il range di variazioni richiesto per la velocità
  • Capacità di variare il valore della tensione in uscita per consentire di realizzare il controllo a flusso costante
  • Capacità di erogare la corrente nominale in corrispondenza di ogni frequenza

 

Per realizzare un convertitore di frequenza è possibile utilizzare la cascata tra due convertitori (fig. 5).

Il primo, convertitore lato rete, funziona da raddrizzatore mentre l'altro, convertitore lato carico, funge da inverter.

 

 

Convertitori connessi in cascata

Figura 5:Convertitori connessi in cascata.

8.1     Introduzione

L’applicazione realizzata in questa tesi prevede di implementare un controllo di velocità utilizzando tecnica del Volt su Hertz (V/Hz).

A causa delle stringenti dotazioni hardware, il metodo in questione non è stato implementato con il metodo classico, ma con una particolare tecnica di parzializzazione che permette di regolare il valore efficace della tensione sul carico mediante parzializzazione dei segnali di pilotaggio inviati ai gate degli IGBT.

8.2     Il controllo V/Hz

In figura 1 è mostrata la caratteristica statica di un motore ad induzione. Tavv è la coppia offerta all’avviamento, mentre  Tmax è la coppia massima.

Si distinguono due tratti che corrispondono a condizioni di funzionamento stabili ed instabili. Una prerogativa fondamentale è quella di posizionarsi in un punto, individuato dall’equilibrio con la coppia di carico, che si trovi sul tratto stabile della caratteristica.

Il tratto stabile della caratteristica ha una pendenza elevata. Questo è un vantaggio per il controllo di velocità dato che il motore asincrono funzionerà ad una velocitàwm molto prossima a quella di sincronismo.

In corrispondenza della velocità di sincronismo la coppia offerta dal motore è nulla.

 

Caratteristica statica coppia velocità

Figura 1: Caratteristi statica coppia-velocità.

 

Si definisce scorrimento del motore (s):

 

  Scorrimento (1)
dove: frequenza di sincronismo (2)

 

Lo scorrimento vale qualche unità percentuale e rappresenta la velocità di scorrimento dell’avvolgimento di indotto rispetto al campo magnetico rotante. Esso è nullo al sincronismo ed unitario all’avviamento.

La figura, riferendosi al solo tratto stabile della caratteristica linearizzata, mostra come la caratteristica coppia-velocità venga traslata parallelamente a se stessa al variare della frequenza e come sia possibile variare la velocità sincrona di un motore ad induzione effettuando una regolazione sulla frequenza delle grandezze di alimentazione.

Il punto di funzionamento a cui si porta il motore è rappresentato dall’intersezione tra la coppia elettromagnetica e quella  di carico. È evidente come, variando la frequenza, tale punto di funzionamento si sposterà consentendo di realizzare una regolazione di velocità.

Mentre un motore sincrono si adegua alle variazioni della frequenza imposta, il motore ad induzione presenta una frequenza di scorrimento. Nei casi in cui si richiede una regolazione fine di velocità, come è richiesto nelle applicazioni dell’industria tessile, vengono utilizzati motori sincroni che si portano alla velocità di sincronismo indipendentemente dal valore della coppia di carico. Negli altri casi, quando si richiede un controllo più grossolano, come avviene nelle rettifiche di velocità o nella guida di particolari veicoli, vengono utilizzati i motori ad induzione.

 

Regolazione di velocità

 

Figura 2: Relazione tra la coppia e Fsl (slip) per diversi valori di frequenze.Il problema che si presenta realizzando un controllo in frequenza, è legato alla conseguente variazione di flusso che si manifesta a causa della relazione di proporzionalità che lega il flusso alla forza elettromotrice indotta negli avvolgimenti statorici:

 

  Flusso (3)

 

Supponiamo che il motore stia funzionando alle condizioni nominali. L’ultima relazione  mette in evidenza che, una riduzione della frequenza, determina un aumento del flusso.

L’aumento di flusso spinge il motore a funzionare in un punto della sua caratteristica di magnetizzazione caratterizzato da un maggiore livello di saturazione rispetto a quello che si aveva nelle condizioni di funzionamento nominale. Questo stato di funzionamento anomalo è causa di maggiori perdite e di elevate correnti di magnetizzazione.

Per risolvere questo inconveniente si dovrebbe realizzare una variazione di frequenza mantenendo il flusso costante.

La relazione 3 suggerisce che, un controllo a flusso costante, può essere realizzato variando, in modo proporzionale alla frequenza, anche la f.e.m.i. di statore (EMS).

Tuttavia questo approccio al problema non è conveniente dato che è difficile realizzare un controllo sul valore di EMS e si preferisce trascurare la caduta di tensione che si ha sugli avvolgimenti statorici  per porre:

 

  Tensione di statore (4)

 

Per questa considerazione si ha che, volendo diminuire la frequenza mantenendo il flusso costante, è necessario ridurre, in modo proporzionale, anche la tensione di alimentazione. Il limite di validità per questa approssimazione è legato alla caduta di tensione che si ha sulla resistenza degli avvolgimenti statorici. Infatti, mentre la caduta di tensione che si ha sull’induttanza di dispersione, variando in modo proporzionale alla frequenza () risulta sempre trascurabile rispetto a Ems , quella sulla resistenza resta sostanzialmente costante, e di peso sempre più rilevante, con il decrescere della frequenza.

La figura 3 mostra le conseguenze di questa approssimazione.  Si osserva che la caratteristica di Vs, che consente di realizzare il controllo a flusso costante, si discosta da quella  tratteggiata, ottenuta considerando valida l’approssimazione fatta anche per valori piccoli di frequenza. Affinché sia possibile realizzare una regolazione a flusso costante anche alle basse frequenze, è necessario considerare la presenza di un offset pari alla caduta di tensione sulla resistenza.

In modo analogo si ha che, durante una accelerazione, un aumento della frequenza imposto alle grandezze di statore, da luogo ad una riduzione del flusso. Questo fenomeno è inconveniente a causa dell’influenza negativa che ha sul valore della coppia elettromagnetica massima che il motore è in grado di produrre:

 

  Coppia massima (5)

 

Per quanto detto si deduce che è conveniente mantenere constante il flusso, ovvero il rapporto V/Hz da cui deriva il nome della tecnica di controllo, sia in fase di  accelerazione che in fase di decelerazione.

Il limite imposto, alla regolazione a  flusso costante, è dato dai problemi di isolamento. Infatti, raggiunta la tensione nominale, non è possibile aumentare ulteriormente il valore di Vs che deve essere necessariamente mantenuto costante. Un ulteriore aumento di frequenza, determina una riduzione di flusso che non può essere compensata dal proporzionale aumento della tensione di alimentazione.

Il motore continua ad accelerare ma il controllo viene realizzato a flusso indebolito e, di conseguenza, non avviene più a coppia costante.

In definitiva la caratteristica di regolazione tensione-frequenza assume l’andamento mostrato in figura 3.

 

Caratteristica della tensione di statore

Figura 3: Caratteristica della tensione di statore che consente di realizzare il controllo V/Hz

 


Generalmente si preferisce fissare un limite minimo per la frequenza imposta alle grandezze statoriche, sia per garantire che l’approssimazione espressa dalla 3 sia sufficientemente valida, sia perché non è conveniente realizzare un controllo V/Hz a velocità molto basse a causa dell’inefficiente effetto di raffreddamento che il motore realizza, mediante ventilazione, con il suo moto.

Caratteristica di controllo

Figura 4: Caratteristica di controllo

 

 

Nella pratica, per realizzare un controllo come quello appena descritto, è necessario utilizzare un convertitore di frequenza. Questo dispositivo, che funge da interfaccia tra la linea elettrica ed il motore, deve soddisfare i seguenti requisiti:

 

  • Capacità di variare la frequenza compatibilmente con il range di variazioni richiesto per la velocità
  • Capacità di variare il valore della tensione in uscita per consentire di realizzare il controllo a flusso costante
  • Capacità di erogare la corrente nominale in corrispondenza di ogni frequenza

 

Per realizzare un convertitore di frequenza è possibile utilizzare la cascata tra due convertitori (fig. 5).

Il primo, convertitore lato rete, funziona da raddrizzatore mentre l'altro, convertitore lato carico, funge da inverter.

 

 

Convertitori connessi in cascata

Figura 5:Convertitori connessi in cascata.

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